PREMESSA    

MATERIE  PRIME

La storia

   
       
MATERIE PRIME
    LA TEORIA    
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PROVE

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RICICLAGGIO

 

   

Intorno al 1870 l'inglese Parkes e l'americano John Hyatt ricercarono un materiale che potesse essere economicamente e quantitativamente sostitutivo a quello esistente in natura. Così, mescolando nitrato di cellulosa e canfora, ottennero per la prima volta un composto organico: la cellulosa, la prima materia plastica. Successivamente, ma stiamo parlando già del periodo successivo alla prima guerra mondiale, gli studi sulle materie plastiche si moltiplicarono e studiosi di tutte le nazionalità scoprirono nuovi materiali che si aggiunsero a quelli via via già scoperti. Anche l'Italia non fu da meno e nel 1954, il prof. Natta, trovò che i catalizzatori impiegati nel processo di polimerizzazione del polietilene davano luogo a grandi quantità di polipropilene. Dal 1959 il polipropilene fu il vanto della chimica italiana e venne prodotto su scala industriale dalla Montedison con un nome che ancora molti utilizzano per identificare qualsiasi polipropilene in commercio: il Moplen.

Tra scoperte casuali e specifiche richieste dell'industria, che trovava nelle materie plastiche sempre più risposte alle sue esigenze, si è arrivati ai giorni d'oggi, nel quale la stragrande maggioranza dei processi industriali, dalle vernici al tessile, dall'industria dell'auto a quella del mobile, l'edilizia, lo sport, l'agricoltura, il packaging e ogni altro settore vi venga in mente, non possono fare a meno di prodotti derivati dalle materie plastiche. Queste hanno via via sostituito metallo, legno, vetro, tessuti, pellame, carta e cartone, con risultati uguali se non superiori agli originali, risolvendo in taluni casi problemi tecnici e progettuali legati alla natura stessa dei prodotti che sono andate a sostituire, riducendo così costi e tempi produttivi attraverso molteplici tecnologie.

   
   

IN PRATICA

   

Oggi, questi nuovi materiali sempre più simili a quanto madre natura ci ha fornito, non sempre escono perfetti: le fluidità possono non essere costanti, il grado di trasparenza decisamente più basso del voluto, le caratteristiche tecniche più basse di quanto fosse previsto perchè qualcosa nella catena produttiva non ha funzionato a dovere o semplicemente perchè si è dovuto passare da un prodotto a un altro. Questo ha generato enormi quantitativi di materiali a cui non viene dato il benestare alla consegna da parte della qualità perchè fuori norma, che devono essere venduti sotto costo (attraverso partite di materiale spot generati ad hoc) o re-immessi nella catena produttiva in qualche modo.

Così molti dei nuovi materiali inventati, che vengono proposti come "favolose soluzioni" a esigenze particolari, altro non sono che un rimedio all'enorme quantità di prodotto che non si saprebbe come poter vendere.

A puro titolo di esempio possiamo portare uno dei primi blend creati per risolvere il problema dell'enorme quantitativo di policarbonato fuori standard: il PC-ABS.

Oggi sono molti i materiali per cui bisogna trovare fantasiose trovate tipo il PC-ABS e così molta della ricerca serve a risolvere un problema causato dalle stesse materie plastiche che un tempo era invece un loro punto di forza:il riutilizzo degli scarti.

Altro settore oggi fonte di ricerca, parte da una problematica causata nuovamente dalla stessa natura delle materie plastiche ed è la biodegradabilità. Così sempre più spesso si sente parlare di plastiche biodegradabili, fotodegradabili  o biocompostabili le quali, malgrado abbiano ancora bassissime caratteristiche tecniche, sono un buon punto di partenza per il futuro.

Concludendo si può dire che l'industria delle materie plastiche è passata, da un tempo nel quale era al servizio degli altri settori industriali, a una fase nella quale è principalmente al proprio servizio e nella quale cerca di trovare delle risposte per risolvere uno dei principali problemi odierni: l'enorme quantitativo di rifiuti non degradabili.

       

"La Storia" fine

   

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